Mi chiamo Giulia Sinopoli, sono una ragazza italiana di 26 anni. Ho passato 3 mesi alla fondazione e ora vorrei provare a farvela vivere attraverso i miei occhi, sulla base delle emozioni che ho vissuto. Quello che rende magica la Fundación Oasis de Amor y Paz è il contesto nella quale si trova. In mezzo al caos colombiano fatto di moto, taxi, musica, bancarelle, povertà, urla, macchine, bambini per strada e mendicanti nasce LEI, un paradiso per gli occhi e per l’anima.
Ogni angolo della Fundación è curato ad opera d’arte, ogni persona facente parte della fondazione lavora minuziosamente e con passione, giorno dopo giorno per fare in modo che non manchi mai niente, per fare in modo che tutti i bambini ricevano la giusta dose di abbracci giornalieri, un sorriso, una parola carina, un piatto caldo. Nonostante la maggior parte delle volte non ci siano alternative, non è facile per loro abbandonare mamma e papà.
La prima cosa che mi ha colpito della Colombia è stata la tonalità dei colori, era quasi come se qualcuno li stesse photoshoppando dall’alto aumentandone la saturazione. Il verde, caratteristico delle montagne dove sono cresciuta in Liguria, non era più un verde scuro, cupo, era un verde talmente acceso che l’unico aggettivo che mi viene in mente per descriverlo è quasi “fosforescente”. Una cosa banalissima, come un fiore in mezzo ad un campo, bello ovviamente in ogni parte del mondo, li, in fondazione riusciva ad essere più bello, più vivo, più luccicante, quasi come se avesse un’anima propria. E non importava che uno fosse blu, uno rosa, uno giallo, uno rosso, riuscivano sempre a risultare in perfetta armonia fra di loro e con l’ambiente a loro circostante.
Riuscivano, come i bambini a danzare sulle note di una musica che non riesco ad allontanare dai miei pensieri. Una musica dal ritmo sempre uguale ma sempre diverso che ora mi ritrovo a canticchiare nei momenti vuoti. I bambini della fondazione, con la loro energia, positività e semplicità mi hanno rubato il cuore. Così piccoli e già con così tanti drammi alle spalle, si svegliano giorno dopo giorno ad affrontare il futuro con un sorriso sulle labbra nonostante la consapevolezza che la vita con loro e con i loro cari sia stata fin troppo dura. Mani fragili e spalle troppo piccole per sopportare pesi così grandi. Nonostante io fossi li per aiutare e per insegnare, mi sono resa conto, adesso che è tutto finito che sono stati loro a farmi da guida e non il contrario. Sono stati loro a farmi apprezzare il profumo di un mandarino raccolto dall’albero, la bellezza delle piccole cose, apprezzare un paio di scarpe nuove, la possibilità di poter andare a scuola senza la paura che salti in aria o che qualcuno venga ucciso sotto i tuoi occhi.
Mi hanno insegnato che le ferite sulle mani causate da una guerra ingiusta come quella alla quale sono sottoposti si possono curare, quelle sul cuore, è un po’ più doloroso curarle ma mai impossibile. Speranza e perseveranza, questi sono i loro cerotti.